Massimo Faccini, pittura astratta in chiave jazz e gin tonic

Massimo Faccini, classe 1961, chirurgo milanese, pittore e scrittore, folgorato dall’Espressionismo astratto, il free jazz, gin tonic e cultore del colore ad olio, materia , segno e gesto si confida tra una pennellata e l’altra nel suo atelier milanese.

Professione chirurgo, per passione la pittura, quando hai iniziato a dipingere e perché?

Da bambino. Era per me necessario, come lo è per un essere umano dotato dei quattro sensi (..o cinque?), toccare, comunicare, esprimere emozioni profonde. Anche la ‘fisicità’ della carta e dei pastelli, anche il loro odore, mi piacevano. Direi che è ancora così. Anche la chirurgia è fatta di tatto, materia, calore e tensione che chiede controllo e consapevolezza nell’agire.

Sei appassionato di Jazz, gin tonic e dell’Espressionismo Astratto, tra Pollock, De Kooning, Rothko, Guston, chi vorresti essere? Perché?

Il jazz – il free jazz in particolar modo – è libero da schemi: presuppone controllo, tecnica e talento gestiti in libertà. Come la pittura astratta (come la Chirurgia d’Urgenza). Il Gin Tonic è semplice, fresco, buono e mette di ottimo umore. Come il jazz e la pittura astratta. Vorrei essere De Kooning. Lo so, non ho dubbi. Dalla figurazione all’’astrattismo senza troppi passaggi intermedi, come fosse un approdo già preparato per lui. Rispetto a Pollock, in De Kooning il contatto ‘diretto’ con la tela, il segno controllato e la traccia esprimono un pensiero graniticamente immodificabile che, soltanto un attimo prima, precede il gesto. Un gigante. Di Rothko non ho la riflessiva poetica di una creatività che rappresenta il distillato della bellezza nella sua sintesi irraggiungibile da altri. Guston anticipa cose, lascia la porta socchiusa all’osservatore.

Anche tu come i protagonisti della Scuola di New York prediligi tele di lino e canapa di grande formato e pittura a olio perché?

Devi poterti allontanare fisicamente dalla tela .. e immergerti nel dipinto. Come per la musica: la ascolti a basso volume se .. ti serve da sottofondo mentre ceni o fai conversazione. Lino e canapa sono ruvidi, materici. Tangibili.

Nel 2023 in occasione dei 50 anni dallo morte di Picasso (1881-1973) hai dipinto live una grande tela nell’Atelier Crespi davanti a un pubblico e altre piccole opere dedicate al soggetto del toro, al Minotauro, firma del genio catalano: con quale intenzione ? Cosa volevi dimostrare?

Dipingere è come comporre musica. Farlo davanti a un pubblico (per me era la prima volta) è come suonare a un concerto la propria musica. Mi è piaciuto.

In queste settimane passando davanti alla vetrina dell’Atelier Crespi in via Brera su richiesta di Massimo Morlacchi, erede della storica “bottega” di belle arti nata nel 1880 hai esposto due dipinti, più astratte dedicate all’inesorabile passare del tempo, cos’è per te il tempo ?

Il tempo è .. cosa ‘astratta’. Sulla quale è bene soffermarsi di tanto in tanto, per non perderne contezza.

Cos’è per te la pittura?

La pittura astratta è la possibilità di trasferire sulla tela il proprio istinto emotivo tradotto in gesto e materia, cercando di raggiungere una solida coerenza attraverso il totale controllo del segno e del colore.  È come nuotare in un mare scuro e profondo, tra flutti incombenti e minacciosi .. riuscendo a mantenere il controllo del proprio corpo e della direzione intrapresa. È un’esperienza emozionale forte. La figurazione è una passeggiata in serena e meditabonda solitudine .. sul lungomare deserto, appena prima del tramonto

Quali pittori contemporanei viventi ti piacciono e perché?

Non so. Sean Scully mi piace: riesce ad emozionare con una traccia di colore. In grande formato, ovviamente.

Scritto da: Jacqueline Ceresoli

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